LA RICOSTRUZIONE NEL CRATERE INESORABILMENTE LENTA
I terremoti del 20 e 29 maggio 2012 nelle province di Modena, Bologna, Reggio e Ferrara hanno creato un cratere dalle dimensioni apocalittiche e la Regione Emilia Romagna ha gestito la calamità in maniera insoddisfacente. Perché? Perché a fronte di decine di migliaia di case inagibili, di aziende azzerate o in grave difficoltà, a danni in agricoltura, di fronte a tanti monumenti caduti e non più fruibili, si è risposto con una burocrazia aberrante, che ha messo solo i bastoni tra le ruote, e con un commissario unico, il governatore Errani, che si è occupato di troppe cose: dalla politica romana, alle primarie, pur avendo battuto cassa, per forza di cose, e portando a casa qualcosa, ma accumulando più critiche che lodi, anche se i sindaci (loro si che se la sono presa: molti erano eletti di primo pelo) hanno tessuto, come per un ordine di scuderia, lodi sperticate per lui. Forse solo il leghista sindaco di Bondeno, si è arrabbiato. Molti primi cittadini hanno avuto crisi di nervi, hanno passato notti insonni per la duplice disgrazia, sono andati in depressione, ma ad ogni richiamo del capoluogo di regione (pur dibattendo) hanno detto “Signor si”. Quasi 200 ordinanze e la lentezza della sovrintendenza, hanno fatto altri guasti. Pochi hanno detto che da noi si è costruito male dagli anni Cinquanta in poi. Nessuno ha ammesso colpe. Nessuno è finito in galera anche se vi sono stati morti, soprattutto nelle fabbriche (nuove o seminuove) crollate a terra come castelli di cartone. Bisognava abbattere (gratis) tutto quello che è pericoloso e inutile. Bisognava avere il coraggio di dire no anche a monumenti ed edifici storici che si è no torneranno sicuri al 60% (tra dieci anni o più). La ricostruzione e le cambiali Errani sono state pochissime. Neanche il 5% del totale di edifici inagibili o distrutti. Forse un paio di grossi architetti che fanno la storia del terzo millennio sarebbero bastati per indicare un indirizzo generale utile alla generalità dei disastrati. E soprattutto si doveva esigere, dico esigere, la creazione di una “no tax area”. Perché molti hanno chiuso, molti hanno riaperto delocalizzando, ma molti altri chiuderanno nel giro di un anno, perché i centri storici sono vuoti e inanimati. Perché per salvare una famiglia non lo si fa pagando Tares, Imu, Iuc, Iva, Irpef, Irap, contributi, energia, e altre cinquanta tasse e imposte in cambio di una pacca sulla spalla. Non ci vengano più a dire che siamo stati bravi. Siamo stati coglioni, come sempre. Ma lo siamo stati solo per la gran voglia di risorgere. Ma mentre ci rialzavamo i politici e i burocrati continuavano a sperperare e rubare legalmente soldi pubblici.Come sempre.